Sono una insegnante di scuola primaria di Cesena, insegno da 15 anni (di ruolo), ho insegnato con modelli orari a tempo pieno, a 30 ore, a 27 ore, a tempo prolungato l'area prioritaria del mio insegnamento è l'area linguistica. In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e metodologica. Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate? È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento. Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie. La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio. Rimango in attesa di una risposta Valentina Zago |