lunedì 16 marzo 2009

Al Ministro dell'Istruzione ”Provi lei a spiegarmi”

Mi chiamo Laura Mollar,

sono un' insegnante di scuola primaria di Cumiana, in provincia di Torino, insegno da oltre trent'anni, nella mia scuola il modello orario è di 30 ore, 35 ore. Le are del mio insegnamento riguardano la lingua inglese e l'area antropologica.

In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?


Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.

Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.

La prego, provi Lei a spiegarmi e convicermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.

Inoltre mi spieghi perchè, io insegnante di terza Elementare, devo obbligare le mie colleghe, ad utilizzare un libro di testo che io ho scelto e che rispecchia il mio metodo di lavoro e non il loro, per i prossimi cinque anni? Dove è finita la libertà di insegnamento di un docente? Dov'è il risparmio, secondo Lei? Le scelte dei testi, nella Scuola Elementare, non danneggiano nè i genitori, nè lo Stato.

Rimango in attesa di una risposta.Grazie.

Laura Mollar

”Provi lei a spiegarmi”


Sono genitore di 2 figli stupendi, che hanno frequentato la scuola primaria a settimo torinese (torino) presso la Roncalli e dove personalmente ho svolto il delicato ruolo di Presidente di Consiglio di Circolo.
Sono molto preoccupata per ciò che sta colpendo la nostra scuola!
Non so come, i miei colleghi "genitori" di consiglio di circolo oggi, riescano a gestire il rapporto famiglie/scuola senza fondi, da tempo oggetto di continui tagli, e le sempre maggiori e mancate soluzioni a tante richieste di ampliamento dell'offerta formativa ed educativa.
Mentre il dibattito pubblico sui temi della scuola sembra concentrarsi su questioni banali e secondarie, ben altri sono i cambiamenti che stanno passando, senza alcun confronto né con noi genitori, né con le altre componenti della scuola.
Già da tempo ho capito che la "riforma" in realtà, non si preoccupa di METTERE (grembiulini, disciplina o quant'altro) ma semmai di TOGLIERE: i provvedimenti intrapresi in questi mesi tolgono tempo-scuola, insegnanti, laboratori, opportunità, scuole. Su molti punti sento che siamo presi in giro, come cittadina e contribuente visti i provvedimenti che, senza esplicite e valide giustificazioni pedagogiche o didattiche, hanno come solo obiettivo il risparmio delle finanze.
Per quanto si voglia ancora sostenere il contrario, è sempre più evidente che c'è un disegno di impoverimento sia quantitativo sia qualitativo della scuola pubblica del nostro paese, peraltro confermato dagli stessi Dirigenti Scolastici e dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico, che ho avuto modo di sentire in recenti interventi pubblici.
Sento un dovere rimanere in prima linea nel difendere la scuola primaria che conosco e che funziona, al passo con i tempi, capace di aver contribuito per me a far crescere i miei figli. La scuola dove tempo pieno e tempo lungo non sono solo una risposta alle esigenze di tante famiglie, ma sono anche la scuola dei tempi distesi, del rispetto dei tempi di apprendimento di tutte le bambine e di tutti i bambini; dove il rapporto con "più insegnanti", e non il "maestro" unico", non è certo un problema ma una ricchezza, garanzia di una didattica competente e di una pluralità di relazioni e di crescita sociale dei nostri figli; dove le compresenze danno la possibilità alle scuole di adattare l'organizzazione agli specifici bisogni del territorio e favorire il successo scolastico di tutti gli alunni.
Per questo continuo a non capire il nesso "più tagli uguale maggiore qualità".
La scuola che andava bene 30 anni fa non regge alle sfide e alle complessità di oggi!
Quali saranno i costi sociali e culturali di questi provvedimenti nel futuro?
Come genitore mi preoccupo e mi indigno, perché, a casa mia, risparmiamo prima sulle cose superflue, poi sulle cose necessarie … e mai sul futuro dei nostri figli.
Sono quindi sicuro che anche Lei vorrà battersi per la difesa della scuola pubblica, oppure provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro dei nostri figli.
Rimango in attesa di una risposta
FIRMA
Elena Fogagnolo


la civiltà di un paese si misura a partire dall'infanzia



Sono un'
insegnante di scuola primaria di Verona, insegno da 18 anni, nella mia
scuola il modello orario è di 33 ore, l'area prioritaria del mio
insegnamento è l'area linguistico espressiva.


In tutti questi anni di
servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di
formazione, mi sono laureata e ho consegito il titolo di dottoressa di
ricerca, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di
padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica
e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno
scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi,
dovrò diventare un'insegnante che da sola, o supportata con forme
residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le
conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che
richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari,
professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare
alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-
responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti
degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante,
solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe,
con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In
quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni
di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò
ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in
base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo
formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i
meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o
didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino
ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le
avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle
prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione
delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta
e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a
motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla
parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.

La prego, provi Lei a
spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il
futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e
pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.

Rimango in
attesa di una risposta
FIRMA

Federica Marchesini


Provi Lei a spiegarmi...


*Sono una insegnante di scuola primaria di Case di Malo, in provincia di Vicenza, insegno da 35 anni, l'area prioritaria del mio insegnamento è l'area linguistica e antropologica.*

In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.

*La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.*

Rimango in attesa di una risposta
Rita Gonzo


Lettera al ministro


Sono una cittadina (studentessa in scienze della formazione primaria) di Schio, in provincia di Vicenza, preoccupato per il futuro della scuola pubblica del nostro paese!

Sono molto allarmata per ciò che sta colpendo la scuola!
Mentre il dibattito pubblico sui temi della scuola sembra concentrarsi su questioni banali e secondarie, ben altri sono i cambiamenti che stanno passando senza alcun confronto né con i cittadini, né con i genitori e gli insegnanti che vivono nella scuola.
Già da tempo ho capito che la "riforma" in realtà, non si preoccupa di METTERE (grembiulini, disciplina o quant'altro) ma semmai di TOGLIERE: i provvedimenti intrapresi in questi mesi tolgono tempo-scuola, insegnanti, laboratori, opportunità, scuole. Su molti punti mi sento preso/a in giro, quale cittadino/a da provvedimenti che, senza esplicite e valide giustificazioni pedagogiche o didattiche, hanno come solo obiettivo il risparmio delle finanze.
Per quanto si voglia ancora sostenere il contrario, è sempre più evidente che c'è un disegno di impoverimento sia quantitativo sia qualitativo della scuola pubblica del nostro paese, peraltro confermato dagli stessi Dirigenti Scolastici e dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico del Veneto.
Sento un dovere rimanere in prima linea nel difendere una scuola al passo con i tempi, capace di far crescere le nuove generazioni e di prepararle al mondo terribilmente complicato che si troveranno davanti. La scuola dove tempo pieno e tempo lungo non sono solo una risposta alle esigenze di tante famiglie, ma sono anche la scuola dei tempi distesi, del rispetto dei tempi di apprendimento di tutte le bambine e di tutti i bambini; dove il rapporto con "più insegnanti", e non il "maestro" unico", non è certo un problema ma una ricchezza, garanzia di una didattica competente e di una pluralità di relazioni e di crescita sociale dei nostri figli; dove le compresenze danno la possibilità alle scuole di adattare l'organizzazione agli specifici bisogni del territorio e favorire il successo scolastico di tutti gli alunni.
Per questo continuo a non capire il nesso "più tagli uguale maggiore qualità".
La scuola che andava bene 30 anni fa non regge alle sfide e alle complessità di oggi!
Quali saranno i costi sociali e culturali di questi provvedimenti nel futuro?
Come cittadina/o (e contribuente) mi indigno, perchè credo che la scuola primaria sia il primo mattone del futuro del paese. Se vogliamo un futuro migliore per tutti dobbiamo investire sulla scuola, come molti altri paesi stanno facendo, e non indebolirla.
Sono quindi sicuro che anche Lei vorrà battersi per la difesa della scuola pubblica, oppure provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro del nostro paese
Rimango in attesa di una risposta

Lisa Dal Santo


si...proprio degli oggetti siamo!

Sono una insegnante di scuola primaria di Vo', in provincia di Padova, insegno da 30 anni, nella mia scuola il modello orario è di 30 ore, l'area prioritaria del mio insegnamento è l'area matematica scientifica

In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.

La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.

Rimango in attesa di una risposta
Serafina Guariento


scuola

Sono un cittadino preoccupato per il futuro della scuola pubblica del nostro paese!

Sono molto allarmato/a per ciò che sta colpendo la scuola!
Mentre il dibattito pubblico sui temi della scuola sembra concentrarsi su questioni banali e secondarie, ben altri sono i cambiamenti che stanno passando senza alcun confronto né con i cittadini, né con i genitori e gli insegnanti che vivono nella scuola.
Già da tempo ho capito che la "riforma" in realtà, non si preoccupa di METTERE (grembiulini, disciplina o quant'altro) ma semmai di TOGLIERE: i provvedimenti intrapresi in questi mesi tolgono tempo-scuola, insegnanti, laboratori, opportunità, scuole. Su molti punti mi sento preso/a in giro, quale cittadino/a da provvedimenti che, senza esplicite e valide giustificazioni pedagogiche o didattiche, hanno come solo obiettivo il risparmio delle finanze.
Per quanto si voglia ancora sostenere il contrario, è sempre più evidente che c'è un disegno di impoverimento sia quantitativo sia qualitativo della scuola pubblica del nostro paese, peraltro confermato dagli stessi Dirigenti Scolastici e dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico del Veneto.
Sento un dovere rimanere in prima linea nel difendere una scuola al passo con i tempi, capace di far crescere le nuove generazioni e di prepararle al mondo terribilmente complicato che si troveranno davanti. La scuola dove tempo pieno e tempo lungo non sono solo una risposta alle esigenze di tante famiglie, ma sono anche la scuola dei tempi distesi, del rispetto dei tempi di apprendimento di tutte le bambine e di tutti i bambini; dove il rapporto con "più insegnanti", e non il "maestro" unico", non è certo un problema ma una ricchezza, garanzia di una didattica competente e di una pluralità di relazioni e di crescita sociale dei nostri figli; dove le compresenze danno la possibilità alle scuole di adattare l'organizzazione agli specifici bisogni del territorio e favorire il successo scolastico di tutti gli alunni.
Per questo continuo a non capire il nesso "più tagli uguale maggiore qualità".
La scuola che andava bene 30 anni fa non regge alle sfide e alle complessità di oggi!
Quali saranno i costi sociali e culturali di questi provvedimenti nel futuro?
Come cittadina/o (e contribuente) mi indigno, perchè credo che la scuola primaria sia il primo mattone del futuro del paese. Se vogliamo un futuro migliore per tutti dobbiamo investire sulla scuola, come molti altri paesi stanno facendo, e non indebolirla.
Sono quindi sicuro che anche Lei vorrà battersi per la difesa della scuola pubblica, oppure provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro del nostro paese
Rimango in attesa di una risposta
Miriam Anselmi


Provi Lei a spiegarci...

Sono una/un insegnante di scuola primaria di Romans d'Isonzo, in provincia di Gorizia, insegno da dodici anni, nella mia scuola il modello orario è (a tempo pieno, di 30 ore), le aree prioritarie del mio insegnamento sono le aree linguistica e storico-geografica.

In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.

La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.

Rimango in attesa di una risposta
FIRMA

Mariarosa Tuni



un padre rispettabile si toglie il cibo di bocca per non far mancare il necessario ai figli. E QUESTO GOVERNO?


Sono un cittadino di Verona preoccupato per il futuro della scuola pubblica del nostro paese!
Sono molto allarmata per ciò che sta colpendo la scuola!
Mentre il dibattito pubblico sui temi della scuola sembra concentrarsi su questioni banali e secondarie, ben altri sono i cambiamenti che stanno passando senza alcun confronto né con i cittadini, né con i genitori e gli insegnanti che vivono nella scuola.
Già da tempo ho capito che la "riforma" in realtà, non si preoccupa di METTERE (grembiulini, disciplina o quant'altro) ma semmai di TOGLIERE: i provvedimenti intrapresi in questi mesi tolgono tempo-scuola, insegnanti, laboratori, opportunità, scuole. Su molti punti mi sento preso in giro, quale cittadino da provvedimenti che, senza esplicite e valide giustificazioni pedagogiche o didattiche, hanno come solo obiettivo il risparmio delle finanze.
Per quanto si voglia ancora sostenere il contrario, è sempre più evidente che c'è un disegno di impoverimento sia quantitativo sia qualitativo della scuola pubblica del nostro paese, peraltro confermato dagli stessi Dirigenti Scolastici e dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico del Veneto.
Sento un dovere rimanere in prima linea nel difendere una scuola al passo con i tempi, capace di far crescere le nuove generazioni e di prepararle al mondo terribilmente complicato che si troveranno davanti. La scuola dove tempo pieno e tempo lungo non sono solo una risposta alle esigenze di tante famiglie, ma sono anche la scuola dei tempi distesi, del rispetto dei tempi di apprendimento di tutte le bambine e di tutti i bambini; dove il rapporto con "più insegnanti", e non il "maestro" unico", non è certo un problema ma una ricchezza, garanzia di una didattica competente e di una pluralità di relazioni e di crescita sociale dei nostri figli; dove le compresenze danno la possibilità alle scuole di adattare l'organizzazione agli specifici bisogni del territorio e favorire il successo scolastico di tutti gli alunni.
Per questo continuo a non capire il nesso "più tagli uguale maggiore qualità".
La scuola che andava bene 30 anni fa non regge alle sfide e alle complessità di oggi!
Quali saranno i costi sociali e culturali di questi provvedimenti nel futuro?
Come cittadina/o (e contribuente) mi indigno, perchè credo che la scuola primaria sia il primo mattone del futuro del paese. Se vogliamo un futuro migliore per tutti dobbiamo investire sulla scuola, come molti altri paesi stanno facendo, e non indebolirla.
Sono quindi sicuro che anche Lei vorrà battersi per la difesa della scuola pubblica, oppure provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro del nostro paese.
Rimango in attesa di una risposta.

Giovanna Rampazzo Segala


un paese civile non taglia sul futuro


Sono un genitore di un bambino che frequenta la III classe della Scuola Primaria "Abramo Massalongo" di Verona.

Sono molto preoccupata per ciò che sta colpendo la scuola!

Mentre il dibattito pubblico sui temi della scuola sembra concentrarsi su questioni banali e secondarie, ben altri sono i cambiamenti che stanno passando, senza alcun confronto né con noi genitori, né con le altre componenti della scuola.

Già da tempo ho capito che la "riforma" in realtà, non si preoccupa di METTERE (grembiulini, disciplina o quant'altro) ma semmai di TOGLIERE: i provvedimenti intrapresi in questi mesi tolgono tempo-scuola, insegnanti, laboratori, opportunità, scuole. Su molti punti mi sento preso/a in giro, quale cittadino/a da provvedimenti che, senza esplicite e valide giustificazioni pedagogiche o didattiche, hanno come solo obiettivo il risparmio delle finanze.

Per quanto si voglia ancora sostenere il contrario, è sempre più evidente che c'è un disegno di impoverimento sia quantitativo sia qualitativo della scuola pubblica del nostro paese, peraltro confermato dagli stessi Dirigenti Scolastici e dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico, che ho avuto modo di sentire in recenti interventi pubblici.

Sento un dovere rimanere in prima linea nel difendere la scuola primaria che conosco e che funziona, al passo con i tempi, capace di far crescere mia/o figlia/o. La scuola dove tempo pieno e tempo lungo non sono solo una risposta alle esigenze di tante famiglie, ma sono anche la scuola dei tempi distesi, del rispetto dei tempi di apprendimento di tutte le bambine e di tutti i bambini; dove il rapporto con "più insegnanti", e non il "maestro" unico", non è certo un problema ma una ricchezza, garanzia di una didattica competente e di una pluralità di relazioni e di crescita sociale dei nostri figli; dove le compresenze danno la possibilità alle scuole di adattare l'organizzazione agli specifici bisogni del territorio e favorire il successo scolastico di tutti gli alunni.

Per questo continuo a non capire il nesso "più tagli uguale maggiore qualità".
La scuola che andava bene 30 anni fa non regge alle sfide e alle complessità di oggi!
Quali saranno i costi sociali e culturali di questi provvedimenti nel futuro?

Come genitore mi indigno, perché, a casa mia, risparmiamo prima sulle cose superflue, poi sulle cose necessarie … e mai sul futuro dei nostri figli.

Sono quindi sicuro che anche Lei vorrà battersi per la difesa della scuola pubblica, oppure provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro dei nostri figli.

Rimango in attesa di una risposta
Luisa Ilaria Segala