Sono un'insegnante di scuola primaria di Vicenza, insegno da 18 anni, nella
mia scuola il modello orario è a tempo pieno, l'area prioritaria del mio
insegnamento è l'area linguistica ed ho 28 alunni
In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho
frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline
che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con
professionalità didattica e metodologica.
Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante
che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico
dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate
negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli
attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla
collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli
apprendimenti degli alunni?
È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi
carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni
di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di
ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a
giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a
sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece
un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS
2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una
serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come
didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento
e dell'apprendimento.
La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un
investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento
culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in attesa di una risposta
Carla Lorenzi
mia scuola il modello orario è a tempo pieno, l'area prioritaria del mio
insegnamento è l'area linguistica ed ho 28 alunni
In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho
frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline
che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con
professionalità didattica e metodologica.
Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante
che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico
dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate
negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli
attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla
collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli
apprendimenti degli alunni?
È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi
carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni
di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di
ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a
giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a
sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece
un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS
2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una
serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come
didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento
e dell'apprendimento.
La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un
investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento
culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in attesa di una risposta
Carla Lorenzi