lunedì 16 marzo 2009

la civiltà di un paese si misura a partire dall'infanzia



Sono un'
insegnante di scuola primaria di Verona, insegno da 18 anni, nella mia
scuola il modello orario è di 33 ore, l'area prioritaria del mio
insegnamento è l'area linguistico espressiva.


In tutti questi anni di
servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di
formazione, mi sono laureata e ho consegito il titolo di dottoressa di
ricerca, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di
padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica
e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno
scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi,
dovrò diventare un'insegnante che da sola, o supportata con forme
residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le
conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che
richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari,
professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare
alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-
responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti
degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante,
solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe,
con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In
quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni
di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò
ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in
base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo
formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i
meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o
didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino
ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le
avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle
prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione
delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta
e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a
motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla
parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.

La prego, provi Lei a
spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il
futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e
pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.

Rimango in
attesa di una risposta
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Federica Marchesini