Sono un
insegnante di scuola primaria di Senigallia, in provincia di Ancona,
insegno da 17 anni, nella mia scuola il modello orario è di 30 ore, l'
area prioritaria del mio insegnamento è l'area matematico -
scientifica.
In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornato,
ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionato a
queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad
insegnare con professionalità didattica e metodologica.
Perché tutta
questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'
insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà
carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle
indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti
anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri
colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa,
didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?
È veramente
difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico
della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò
dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento
e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base
alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo
formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i
meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o
didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino
ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le
avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle
prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione
delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitto
e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a
motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla
parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.
La prego, provi Lei a
spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il
futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e
pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in
attesa di una risposta
Fulvio Senigalliesi
insegnante di scuola primaria di Senigallia, in provincia di Ancona,
insegno da 17 anni, nella mia scuola il modello orario è di 30 ore, l'
area prioritaria del mio insegnamento è l'area matematico -
scientifica.
In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornato,
ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionato a
queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad
insegnare con professionalità didattica e metodologica.
Perché tutta
questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'
insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà
carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle
indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti
anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri
colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa,
didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?
È veramente
difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico
della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò
dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento
e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base
alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo
formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i
meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o
didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino
ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le
avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle
prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione
delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitto
e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a
motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla
parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.
La prego, provi Lei a
spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il
futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e
pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in
attesa di una risposta
Fulvio Senigalliesi