Sono un' insegnante di scuola primaria di Umbertide, in provincia di Perugia. Insegno da 17 anni. Nella mia scuola il modello orario è a tempo pieno; l'area prioritaria del mio insegnamento è l'area linguistico/antropologica:
In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e metodologica. Non solo. Da quando lavoro in una scuola a tempo pieno, ho avuto modo di realizzare progetti educativi di alto profilo formativo: penso ai campi-scuola di più giorni con i bambini, immersi tra il cielo e la terra che diventano le nostre aule e i nostri banchi, condividendo esperienze conoscitive ed emozionali uniche ed indimenticabili. Oppure ai laboratori di teatro, di arte, di esperimenti scientifici, di costruzione di strumenti per l'osservazione del moto apparente dei corpi celesti... Penso alle uscite sul territorio: mostre, musei, teatro... Penso al TEMPO che dedichiamo all'organizzazione dell'accoglienza per i bambini della classe prima, quando fanno il loro primo ingresso in questo mondo così misterioso e diverso dalla loro scuola dell'Infanzia!! Per fare tutto questo, e molto altro, non si può essere SOLI o UNICI.
Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?
È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'apprendimento.
La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in attesa di una risposta
Gabriella Trona