Sono una insegnante di scuola primaria e lavoro in provincia di Massa
Carrara, insegno come supplente da cinque anni e, nella scuola in cui
attualmente lavoro il modello orario è a tempo pieno, l'area prioritaria del
mio insegnamento è l'area scientifico-matematica.
In tutti questi anni di servizio, oltre ad essermi iscritta al corso di
laurea di Scienze della Formazione Primaria (sto per laurearmi), mi sono auto-
aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata
a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare
con professionalità didattica e metodologica.
Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, perderò il mio lavoro e chi
rimarrà dovrà diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme
residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti,
sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono,
visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
E, se per miracolo, dovessi lavorare, perché dovrei rinunciare alla
condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità
formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?
È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi
carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di
apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni
alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a
giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a
sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un
modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e
TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie
di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed
educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'
apprendimento.
La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un
investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento
culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in attesa di una risposta
Elena Borghini
Carrara, insegno come supplente da cinque anni e, nella scuola in cui
attualmente lavoro il modello orario è a tempo pieno, l'area prioritaria del
mio insegnamento è l'area scientifico-matematica.
In tutti questi anni di servizio, oltre ad essermi iscritta al corso di
laurea di Scienze della Formazione Primaria (sto per laurearmi), mi sono auto-
aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata
a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare
con professionalità didattica e metodologica.
Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, perderò il mio lavoro e chi
rimarrà dovrà diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme
residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti,
sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono,
visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
E, se per miracolo, dovessi lavorare, perché dovrei rinunciare alla
condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità
formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?
È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi
carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di
apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni
alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?
Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a
giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a
sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un
modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e
TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie
di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed
educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'
apprendimento.
La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un
investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento
culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.
Rimango in attesa di una risposta
Elena Borghini