venerdì 6 marzo 2009

La prego, provi Lei a spiegarmi

Sono una insegnante di scuola primaria e lavoro in provincia di Massa
Carrara, insegno come supplente da cinque anni e, nella scuola in cui
attualmente lavoro il modello orario è a tempo pieno, l'area prioritaria del
mio insegnamento è l'area scientifico-matematica.
In tutti questi anni di servizio, oltre ad essermi iscritta al corso di
laurea di Scienze della Formazione Primaria (sto per laurearmi), mi sono auto-
aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata
a queste discipline che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare
con professionalità didattica e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più
salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, perderò il mio lavoro e chi
rimarrà dovrà diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme
residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti,
sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono,
visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
E, se per miracolo, dovessi lavorare, perché dovrei rinunciare alla
condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità
formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi
carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di
apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni
alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a
giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a
sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un
modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e
TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una serie
di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come didatticamente ed
educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e dell'
apprendimento.

La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un
investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento
culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.

Rimango in attesa di una risposta
Elena Borghini