venerdì 6 marzo 2009

provi lei a spiegarmi






Sono una ex insegnante in provincia di Padova. Ho insegnato per 23 anni nella scuola di secondo grado e per 12 ho fatto la psicopedagogista nei diversi ordini di scuola e mi sono interessata dell'inclusione scolastica degli alunni con handicap rilevante.



In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata prima alle discipline, poi ai temi della didattica e delle differenze individuali.



come me la maggioranza degli insegnanti che ho conosciuto e che prestano ancora servizio nella scuola con professionalità e dedizione.



Perché tutta questa ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, l'insegnante dovrà essere solo, o supportato con forme residuali, si farà carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze differenziate?
Perché il personale della scuola dovrà rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa degli apprendimenti degli alunni?



È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrà dedicare del tempo prezioso ai suoi alunni con bisogni di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrà ancora personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle singole necessità? Come riuscirà a salvaguardare il successo formativo di ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?



Non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Umananmente e professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta a guardare una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivare come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'insegnamento e nè dell'apprendimento.



La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope risparmio.



Rimango in attesa di una risposta
Marina Mancin