venerdì 6 marzo 2009

Perchè in Veneto la riforma non va fatta_altrove sì?





Sono una mamma di una bambina che frequenta la III classe della scuola primaria Rosmini di Padova.

Sinceramente non capisco.


In questo mesi abbiamo in molti criticato la "riforma" Gelmini, dicendo che sono solo tagli, non ha n modello pedogogico di riferimento, che il maestro unico è inadatto ai tempi, che manca il tempo disteso .... Oggi in Veneto tutti, sindaci, amministratori, politici regionali di maggioranza ed opposizione chiedono di stralciare la nostra regione in base al principio del federalismo dalla riforma salvando i tempi lunghi.


Ma perchè ciò che non funziona qui può funzionare altrove? Perchè, per rimanere ai miei confinanti di Emilia Romagna e Lombardia, dovrebbero accettare di avere il tempo ridotto a 24 o 27 ore? Il problema è solo di orario e tempo scuola?


I provvedimenti intrapresi in questi mesi tolgono tempo-scuola, insegnanti, laboratori, opportunità, scuole. Su molti punti mi sento presa in giro, quale cittadina da provvedimenti che, senza esplicite e valide giustificazioni pedagogiche o didattiche, hanno come solo obiettivo il risparmio delle finanze.


Per quanto si voglia ancora sostenere il contrario, è sempre più evidente che c'è un disegno di impoverimento sia quantitativo sia qualitativo della scuola pubblica del nostro paese, peraltro confermato dagli stessi Dirigenti Scolastici e dal Direttore Generale dell'Ufficio Scolastico, che ho avuto modo di sentire in recenti interventi pubblici.


Sento un dovere rimanere in prima linea nel difendere la scuola primaria che conosco e che funziona, al passo con i tempi, capace di far crescere mia/o figlia/o. La scuola dove tempo pieno e tempo lungo non sono solo una risposta alle esigenze di tante famiglie, ma sono anche la scuola dei tempi distesi, del rispetto dei tempi di apprendimento di tutte le bambine e di tutti i bambini; dove il rapporto con "più insegnanti", e non il "maestro" unico", non è certo un problema ma una ricchezza, garanzia di una didattica competente e di una pluralità di relazioni e di crescita sociale dei nostri figli; dove le compresenze danno la possibilità alle scuole di adattare l'organizzazione agli specifici bisogni del territorio e favorire il successo scolastico di tutti gli alunni.


Per questo continuo a non capire il nesso "più tagli uguale maggiore qualità".
La scuola che andava bene 30 anni fa non regge alle sfide e alle complessità di oggi!
Quali saranno i costi sociali e culturali di questi provvedimenti nel futuro?


Come genitore mi indigno, perché, a casa mia, risparmiamo prima sulle cose superflue, poi sulle cose necessarie … e mai sul futuro dei nostri figli.


Sono quindi sicuro che anche Lei vorrà battersi per la difesa della scuola pubblica, oppure provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro dei nostri figli.


Rimango in attesa di una risposta
Simonetta Rando