giovedì 26 febbraio 2009

chiarimenti

Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca
Ministro Mariastella
Gelmini
Viale Trastevere, 76/A - 00153 ROMA
Direttore Generale: Dott. MARIO
GIACOMO DUTTO

Al Direttore Generale
USR - Ufficio Scolastico Regionale (MIUR)


All'Assessore Regionale alle Politiche dell'Istruzione e della Formazione

P.C.
al Comitato genitori e insegnanti per la scuola pubblica
 "Provi lei a
spiegarmi"

Sono un' insegnante precaria di scuola primaria e quest anno
insegno a Padova ma insegno già da 5 anni nella provincia passando da un plesso
all'altro.  Nella mia attuale scuola il modello orario è di 35 ore e l'area
prioritaria del mio insegnamento quest anno è l'area antropologica.

In tutti
questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho frequentato corsi
di formazione, ho preso ben 2 lauree insciene della formazione, sono anche
abilitata come insegnante di sostegno e mi sono appassionata a tutte queste
discipline e al mondo nel quale sino ad ora ho lavorato, attorno ho sempre
visto insegnanti splendidi, che sono fortemente competenti della loro materia e
dai quali ho cercato sempre d'imparare molto inquanto sono in grado di
padroneggiare e di riuscire ad insegnare con professionalità didattica e
metodologica.

Perché tutta questa mia e loro ricchezza dal prossimo anno
scolastico non verrà più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò
diventare un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà
carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle
indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti anche
gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e
alla collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa
degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico
insegnante, solo, possa farsi carico della gestione di sempre più alunni in
classe, con esigenze differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In
quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni di
apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di ogni
alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo
alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a giustificazione di questo
disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate a sostegno sono deboli, nessun
noto pedagogista le avalla, colpiscono invece un modello di scuola che ben
risponde alle prove internazionali (IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla
soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere
zitta e piegarmi a una serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a
motivarmi come didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte dell'
insegnamento e dell'apprendimento.

La prego, provi Lei a spiegarmi e
convincermi che queste scelte sono un investimento per il futuro e per una
scuola di qualità e non uno svuotamento culturale e pedagogico finalizzato
unicamente ad un miope risparmio.

Rimango in attesa di una risposta
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PAOLA RUBICHI