domenica 1 marzo 2009

La scuola è Primaria!!!

Sono una insegnante di scuola primaria di Cordignano, in provincia di
Treviso, insegno da 35 anni, nella mia scuola il modello orario è (di 30
ore più 2 ore di mensa), l'area prioritaria del mio insegnamento è l'area
linguistico-antropologica:

In tutti questi anni di servizio mi sono auto-aggiornata, ho letto, ho
frequentato corsi di formazione, mi sono appassionata a queste discipline
che ora sento di padroneggiare e di riuscire ad insegnare con
professionalità didattica e metodologica.

Perché tutta questa mia ricchezza dal prossimo anno scolastico non verrà
più salvaguardata? Perché, nel giro di pochi mesi, dovrò diventare
un'insegnante che da solo, o supportato con forme residuali, si farà
carico dell'insegnamento di 12 discipline (tante, le conti, sono quelle
indicate negli ultimi riferimenti programmatici) che richiedono, visti
anche gli attuali riferimenti curricolari, professionalità e competenze
differenziate?
Perché dovrei rinunciare alla condivisione con altri colleghi e alla
collegialità, alla co-responsabilità formativa, didattica e valutativa
degli apprendimenti degli alunni?

È veramente difficile pensare che un unico insegnante, solo, possa farsi
carico della gestione di sempre più alunni in classe, con esigenze
differenziate e diverse modalità di apprendimento.
In quale modo potrò dedicare del tempo prezioso ai miei alunni con bisogni
di apprendimento e relazionali specifici ed individuali? Come potrò ancora
personalizzare l'intervento didattico e la proposta formativa in base alle
singole necessità? Come riuscirò a salvaguardare il successo formativo di
ogni alunno valorizzando i talenti, le specificità, i meriti?

Mi creda, non trovo alcun fondamento formativo, pedagogico o didattico a
giustificazione di questo disegno riformatore. Le tesi fino ad ora portate
a sostegno sono deboli, nessun noto pedagogista le avalla, colpiscono
invece un modello di scuola che ben risponde alle prove internazionali
(IEA PIRLS 2006 e TIMMS2007) e alla soddisfazione delle famiglie.
Professionalmente mi sento di non poter rimanere zitta e piegarmi a una
serie di cambiamenti che finora nessuno è riuscito a motivarmi come
didatticamente ed educativamente coerenti, né dalla parte
dell'insegnamento e dell'apprendimento.

Sono alle soglie della pensione, eppure mi piace ancora molto il mio
mestiere. Mi dispiace concludere la mia carriera scolastica tornando "un
triste insegnante unico" che non potrà svolgere bene il proprio lavoro e
non potrà capire, aiutare, stimolare, incoraggiare i suoi alunni.

La prego, provi Lei a spiegarmi e convincermi che queste scelte sono un
investimento per il futuro e per una scuola di qualità e non uno
svuotamento culturale e pedagogico finalizzato unicamente ad un miope
risparmio.

Rimango in attesa di una risposta
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Giovanna Battel